Panafricando-Aps , vi mette a disposizione il presente articolo – Rivoluzione delle donne sudanesi: forza e speranza annegate dalla guerra e dal silenzio della società civile.
Il Sudan, con una popolazione di circa 26 milioni di persone, sta affrontando una crisi umanitaria senza precedenti. Circa la metà della popolazione è afflitta dalla fame e dalla mancanza di cure mediche adeguate. La situazione è aggravata dal conflitto in corso tra le Forze Armate Sudanesi (SAF) e le Forze di Supporto Rapido (RSF), paramilitari creati da Omar al-Bashir.
La rivoluzione che ha portato alla caduta di al-Bashir nel 2019 è stata guidata in gran parte dalle donne sudanesicon il sostegno degli uomini. Queste donne hanno chiesto uguaglianza e protezione, ma il nuovo governo transitorio si è dimostrato sordo alle loro richieste. Nonostante i loro sforzi, le donne continuano a lottare per i loro diritti in un Paese dove la violenza e la discriminazione sono ancora diffuse. Il conflitto tra le SAF e le RSF è iniziato nel 2023 causando la morte di circa 25.000 persone e lo sfollamento di oltre 10 milionidi individui. Le SAF, guidate dal generale Abdel Fattah al-Burhan, rappresentano l’esercito regolare, mentre le RSF, guidate da Mohamed Hamdan Dagalo, sono un gruppo paramilitare ribelle. La guerra ha avuto un impatto devastante sulla popolazione civile.
Le violenze commesse da entrambe le fazioni, compresi i crimini contro le donne, hanno aggravato la situazione.
Le RSF sono tristemente note per i loro crimini, soprattutto contro le donne, considerate colpevoli di aver spodestato al-Bashir dal potere. Le molestie sessuali sono sistematiche, così come la pratica dello stupro, del matrimonio forzato, del rapimento e della schiavitù sessuale. In Sudan, una donna violentata viene spesso ripudiata dalla sua comunità, aggravando ulteriormente il suo trauma. Le testimonianze riportano che centinaia di donne sono state detenute in condizioni disumane, sottoposte a schiavitù e violenza sessuale. Anche l’esercito regolare, il SAF, non è da meno, sono innumerevoli le violenze e gli abusi commessi dai suoi membri.
Nonostante la gravità della situazione, la crisi umanitaria in Sudan riceve pochissima copertura mediatica. È sorprendente osservare il silenzio delle autorità morali, delle ONG, dei movimenti femministi e LGBT e delle personalità pubbliche che si sono mobilitate per altre cause, ma che rimangono in silenzio di fronte a questa tragedia. Questo silenzio solleva interrogativi sulla logica di un’indignazione a geometria variabile.
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Oumar Barry (Attivista Panafricanista e membro di Panafricando-Aps)
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